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quesito posto 28 Maggio 2017 in Meccanica da Antonino.Alessandro (38 punti)
  

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Si definiscono materiali compositi quei materiali che possiedono le seguenti caratteristiche:

  1. Sono costituiti da 2 o più materiali (fasi) di natura diversa;
     
  2. Almeno due delle fasi presenti hanno proprietà fisiche “sufficientemente” diverse tra loro, in modo da impartire al composito proprietà diverse da quelle dei costituenti.

La natura delle fasi è una caratteristica dominante nell’impartire il carattere di “composito” alle miscele di materiali diversi. Non è tuttavia l’unica variabile. Per ottenere un composito ad elevata resistenza meccanica è indispensabile, oltre all’impiego di fibre resistenti, garantire buona adesione tra la matrice e il rinforzo. L’adesione viene di solito promossa mediante l’impiego di un terzo componente, applicato in strato molto sottile sulla superficie delle fibre, che rende compatibile la superficie inorganica delle fibre con quella organica.

I rinforzi più utilizzati in compositi a matrice polimerica sono il vetro, il carbonio e le fibre aramidiche. Una scelta oculata dei tipi di rinforzo permette di tarare le caratteristiche di forza e resistenza della struttura finale su quasi ogni esigenza richiesta dal prodotto finito.
Grazie al suo basso costo  e all’elevata resistenza, la fibra di vetro è oggi la fibra di rinforzo più diffusa e da essa derivano le denominazioni dei prodotti GRP (Glass Reinforced Plastic) e FRP (Fiber Reinforced Plastic). Oltre che in forma di filo o di roving, le fibre di vetro sono disponibili commercialmente anche in una grande varietà di tessuti (fabric). Il più comune è il tessuto ottenuto a partire dal roving (woven roving) ed è adatto a realizzare rapidamente manufatti di grandi dimensioni ed elevato spessore per i quali non siano richieste prestazioni elevate (es. scafi per imbarcazioni). Per applicazioni più specifiche si utilizzano tessuti ottenuti direttamente dalla tessitura dei fili, che risultano così più leggeri e compatti.

Le fibre di carbonio sono invece utilizzate per la fabbricazione di compositi ad elevate prestazioni e si distinguono per l’alto modulo e l’elevata resistenza. I principali svantaggi nell’uso di queste fibre sono il costo elevato e il comportamento a rottura intrinsecamente fragile. La tecnologia moderna di produzione delle fibre di carbonio si basa sulla pirolisi (decomposizione termica in assenza di ossigeno) di vari precursori organici (fibre di PAN e rayon). Le fibre arammidiche sono state introdotte nel 1971 da Dupont col nome commerciale di Kevlar. Tali fibre si distinguono per l’elevata tenacità e per la loro resistenza alle operazioni di manipolazione. Modulo, resistenza e costo sono intermedi tra quelli delle fibre di vetro e di carbonio. Il principale svantaggio nell’uso di queste fibre è legato alla modesta resistenza a compressione e alla degradazione per esposizione prolungata alle radiazioni ultraviolette. Le fibre arammidiche si trovano disponibili commercialmente in varie forme, di cui le più comuni sono il cavetto (yarn) e il roving. Molto usati sono anche i tessuti, soprattutto per impieghi balistici.

Nei compositi a fibre continue le matrici polimeriche più utilizzate sono quelle a base di resine termoindurenti. Quelle principali utilizzate nel settore dei compositi sono le resine poliestere, fenoliche, epossidiche e poliimmidiche. Tali resine sono caratterizzate da una bassa viscosità a temperatura ambiente che facilita l’impregnazione delle fibre. Una volta polimerizzate, offrono anche una buona resistenza agli agenti chimici. I limiti tecnologici nell’impiego di questi materiali sono dovuti alla necessità di condurre una reazione chimica durante il processo di produzione del composito, in condizioni quindi difficilmente controllabili.

I limiti intrinseci delle resine termoindurenti (scarsa tenacità, temperatura di esercizio modesta e tendenza ad assorbire l’umidità degli ambienti) hanno portato in anni recenti allo sviluppo di compositi a matrice termoplastica. Le resine termoplastiche sono mediamente più tenaci e, in alcuni casi, possiedono temperature di transizione più elevate. La possibilità di ridurre la viscosità del materiale aumentando la temperatura, consente di semplificare le operazioni di manutenzione e riparazione dei manufatti. Il principale limite all'uso di queste matrici è la viscosità elevata, che rende problematica l’impregnazione delle fibre e richiede apparecchiature di lavorazione relativamente costose. I compositi a matrice termoplastica con fibre corte hanno trovato un considerevole sviluppo nel settore dello stampaggio ad iniezione.

risposta inviata 28 Maggio 2017 da Antonino.Alessandro (38 punti)

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